La pellicola e il mio corpo, performance , Cine studio Obraz Milano 1979

Nosrat Panahi Nejad Pellicola e il mio corpo Cine studio Obraz Milano 1979 (22)

© Nosrat Panahi Nejad "Pellicola e il mio corpo 42, Cine studio Obraz , Milano, 1979"

La pellicola e il mio corpo

di

 Nosrat Panahi Nejad

Documentazione fotografica della Performance eseguita all’inaugurazione della mostra “il cordone auvulso”

Cine Studio Obraz Milano 1979

Maggio 1979. All’inaugurazione della mia prima mostra italiana allestita nelle sale di  Cine Studio Obraz,  in quegli anni il cinema d’essai più importante a Milano, eseguii questa performance con la partecipazione di due amiche. L’idea portante consisteva nel mostrare come attraverso una precisa azione scenica  si ha la possibilità di generare  una sequenza fotografica concreta. La performance è stata fatto per due volte: all’inizio e alla chiusura della mostra. Ovviamente non era previsto nessuna documentazione fotografica. Ciò che ora esposto in questa pagina , e dopo 36 anni, si deve alla tatto dell’amico Mauro Giacomini, un ingegnere fotografo. Egli scattò circa 70 diapositive *. La mostra, come si potrà leggere  qui sotto, era presentata dal mio maestro Ando Gilardi. Il quale poi negli anni successivi recensii altri cinque mie mostre dandomi così un sostegno non indifferente per i successivi sviluppi  della mia ricerca visiva. Come dicevo l’azione scenica era concepita in quanto una sequenza fotografica concreta e durava circa 30 minuti. I protagonisti, come si vedono nelle fotografie, sono tre: la prima ragazza  che annuncia il titolo della fotografia concreta. La seconda insieme all’altro che danno vita all’intera sequenza utilizzando, oltre i colori, una cordapellicola lunga  50 metri che non contiene e non proietta più ombre/corpi sullo schermo ma delimita, minacciosamente, i corpi vivi.   Nosrat Panahi Nejad

* Vedi in basso alcune delle immagini in dissolvenza.

© Nosrat Panahi Nejad "Pellicola e il mio corpo 43, Cine studio Obraz , Milano, 1979"© Nosrat Panahi Nejad "Pellicola e il mio corpo 45, Cine studio Obraz , Milano, 1979"© Nosrat Panahi Nejad "Pellicola e il mio corpo 43, Cine studio Obraz , Milano, 1979"

Nosrat Panahi Nejad Pellicola e il mio corpo Cine studio Obraz Milano 1979 (23)© Nosrat Panahi Nejad "Pellicola e il mio corpo 24, Cine studio Obraz , Milano, 1979"© Nosrat Panahi Nejad "Pellicola e il mio corpo 48, Cine studio Obraz , Milano, 1979"Nosrat Panahi Nejad Pellicola e il mio corpo Cine studio Obraz Milano 1979 (22)© Nosrat Panahi Nejad "Pellicola e il mio corpo 46, Cine studio Obraz , Milano, 1979"                                   Cordone avulso

Molti diranno che questa di Nosrat Panahi Nejad non è una mostra fotografica, prescindendo da ogni parere estetico, o che quantomeno non si tratta di fotografia “pura”. Ed avremo così la prova del contrario. Queste sono opere di fotografia “pura” o meglio ancora: di fotografia purificata dall’ intenzione poetica dell’Autore per quel che riguarda i significati della ricerca; purificata poi una seconda volta con le forbici, i colori e gli incastri per quel che riguarda la forma che mostrano.

 

“Impura”, nel senso di grezzo, di minerale dal quale si deve ancora estrarre quanto più utile, è la fotografia così come si forma nella macchina e poi si sviluppa e stampa nel solito modo: centoquarant’anni d’uso e abuso di questo prodotto esclusivo della macchina, specialmente sotto forma di “istantanea”, hanno spremuto da esso tutto quello che si poteva ottenere. E’ inutile mentire e illudersi, e nuoce prima di tutto alla fotografia medesima: oggi non si fotografa più ma si rifotografa e si moltiplicano ossessivamente immagini già fatte e rifatte migliaia di volte. Fotografia “pura”, nella norma, significa nata con le rughe, che di nuovo da dire non può nulla, che si ripete fino al grottesco.

Così la macchina fotografica, come una pala meccanica, riesce ad estrarre dalla natura, dal “vivo” solo del grezzo reso tale dall’ uso. E’ vero, molti continuano a firmare queste palate di realtà stravista come autori: ma oramai si è giunti ad un brutto bivio: quello che a destra conduce alla paranoia, a manca alla malafede. Nosrat Panahi Nejad se ne rende conto e, come lui stesso dice, comincia a fotografare quando la macchina finisce. Parte, per la sua ricerca, da dove si ferma la macchina e non può andare più avanti . Perdonateci la troppo facile metafora: come succede in certe gite in montagna, con un’altra macchina, l’automobile, quando si vuole salire più in alto. E bisogna faticare, e bisogna rischiare sul serio.

Cosa cerca “più in altro” questo ragazzo iraniano di 25 anni? Risponde alla domanda con molta semplicità e in modo “stonato” direbbe qualcuno che crede ad una sola realtà contingente. Cerca poesia come negazione del “fisico” e dello “storico”: i due ingredienti che impastati insieme ci danno la zuppa del “momento che attraversiamo”. Il quale “momento che attraversiamo”. Il quale “momento” a Nosrat ripugna e con la poesia emigra nel fantastico. Ha scelto la fotografia per fare poesia proprio perché – quella “grezza”, come l’abbiamo definita – più di ogni altro segno è oggi delegata nella cultura in cui siamo sommersi, a rappresentare il “fisico”, lo “storico” e la loro sintesi nel “momento”. Distruggendo questo segno fotografico non si distrugge, o no! la realtà: ma la si nega appunto, la si rimuove dalla coscienza. Per lasciare un vuoto contemplativo? Questo giovane fotografo iraniano dice di no: per ritornare (ed è questo il senso del titolo della mostra “Il cordone avulso”) al momento in cui si nasce e, recidendolo dal grembo materno, si prova – dice Nosrat – il primo smarrimento ma anche la prima gioia di libertà. E il primo vagito non dice forse questo?

Questa gioia di libertà preoccupata Nosrat riscopre usando il mezzo fotografico per “staccarsi” dall’Nosrat Panahi Nejad Pellicola e il mio corpo Cine studio Obraz Milano 1979 (8)arte: ed anche questo suo motivo è molto valido. L’opera d’arte intesa nel modo più ampio, è per noi tutti, e per l’artista specialmente, un grembo che un po’ ci nutre ma anche soffoca. La sua serie dedicata alle fotografie di W. F. Golden, un racconto assai complicato con numerose allusioni, si legge come un metodo di riproduzione-distruzione di un’opera altrui, per sostituirsi alla medesima quanto basta per meglio comprenderla, assorbirla in se stessi, lasciare un grezzo di questo assorbimento fotografico immediato, poi partire da questo grezzo per una personale ricerca. Restituendo però alla tua totalità  l’opera riprodotta-distrutta con il proprio mezzo e la personale forma poetica. Venuto in Italia per studiare cinema (e trovando chiusa senza preavviso la scuola di Cinecittà!…) Nosrat Panahi Nejad si occupa della fotografia e ne usa i mezzi per fare, come si è detto, poesia negativa. Dobbiamo, alla fine discorso troppo breve, ce ne rendiamo conto che va stretto, strettissimo al fotografo iraniano; usare e accreditargli questa parola negativa. Che essa risulti stracarica di significati tutt’altro che “reazionari”, anzi! Che il negativo rappresenti oggi la sola ribellione possibile, sono sempre più numerosi quello che lo comprendono. Da chi legge la “Dialettica” di Adorno a chi il “Male”. Un salto immenso? Un filo palpabile appena? E’ vero, ma quante cose sono nate così, come segni più o meno evidenti. Che uno di questi segni sia stato tracciato da un giovane fotografo è per noi importante. E’ per noi provocante e per quanto possiamo pretendiamo di star dentro a questa provocazione.

Ando Gilardi

 

Nosrat Panahi Nejad Pellicola e il mio corpo Cine studio Obraz MIlano 1979 (5)Nosrat Panahi Nejad Pellicola e il mio corpo Cine studio Obraz MIlano 1979 (7)Nosrat Panahi Nejad Pellicola e il mio corpo Cine studio Obraz MIlano 1979 (6)                                                                   La pellicola e il mio corpo

di

 Nosrat Panahi Nejad

Documentazione fotografica della Performance tenuto all’inaugurazione della mostra “il cordone auvulso”

Cine studio Obraz Milano 1979

 

 

 

 

Cordone 04