Federico Incardona. Ritratto postumo di un musicista

 

 

http://youtu.be/bXNxVu0v4v8

 

 

 

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di Piero Violante

Le emozioni ‘strutturate’ nella musica di Incardona

Una scala stretta e ripida di una casa restaurata all’ Albergheria. La camera la risale. Si ferma al primo pianerottolo, poi allunga lo sguardo sino alla sommità. Lì fanno da quinte due donne anziane. Ci colpisce della donna minuta che sta a destra il volto di cera che esprime una bontà rassegnata. A illuminare la quinta-donne una lampada oscillante. E’ la prima sequenza di Federico Incardona. Ritratto postumo di un musicista di Nosrat Panahi Nejad che si proietta domani sera alla Biblioteca comunale di Casa Professa, a poco più di un anno dalla scomparsa del musicista palermitano. La camera di Nosrat entra, e il suo movimento oscilla, come la lampada, in un interno affollato di libri, dischi, partiture, quadri scrivanie, lampade da tavolo. Federico Incardona scarnito dalla malattia, l’ espressione seria, le labbra contratte, armeggia attorno a un paralume pieghettato e avvita una lampada. Mehr Licht! (è anche il titolo di una composizione di Incardona) e il motto di Goethe morente riacquista il suo senso apparente.

Il rumore stridente dell’ avvitare la lampada si coniuga con un foglio prezioso di un antifonario portato avanti come una glossa dalla mano invisibile ma presente del regista palese. Il rumore e il suono, che possiamo immaginare, del canto gregoriano si sommano in sincronia reale e immaginaria con il suono che commenta l’ immagine: lunghi pedali di note gravi tenute degli archi e di note acute, estreme delle voci bianche. è la musica di Incardona (Mehr Licht!, Per fretum febrisMalor me bat) che si ascolta mentre l’ occhio ne guarda il suo spettro. Con uno scarto del montaggio Nosrat Panahi Nejad ci mostra, fuori, nella strada, operai che avvitano lampade delle luminarie, issano gli archi, per festeggiare il santo del quartiere. Alle luminarie popolari fanno da contrappunto i lunghi spasmi dei tromboni, i misteriosi battiti delle percussioni di Incardona. Con

un altro veloce scarto Nosrat ci rivela i due narratori: la madre di Federico e il musicologo Paolo Emilio Carapezza. Ora Federico è al tavolo di composizione e Nosrat fa avanzare come glossa la foto di Sostakovic. Altro scarto e gli occhi trasparenti di una foto di Federico volano a lambire gli occhi tristi della madre. Altro scarto: si chiude la porta di ferro e il suo pomello di ottone risuona. Otto minuti. I primi otto minuti del «primo movimento» del nuovo videofilm del regista iraniano, trapiantato a Palermo, e che da anni lavora per illustrare «figure e i luoghi di una sua personalissima geografia intellettuale». Il regista assente eppure palese con la ragnatela dei suoi movimenti ci appare come un muto glossatore. I suoi movimenti, soprattutto l’ ombra dei suoi movimenti, così come gli oggetti che entrano in campo, si affermano come «commentaire» allo scenario, e al mistero del mestiere del comporre. Incardona produce rumori. Nell’ avvitare la lampadina, nel cancellare le note appena scritte, nel togliere con veemenza le briciole della gomma, nel battere con la sinistra il tempo della battuta da scrivere, ma non pronuncia mai una parola. Ascoltiamo la sua voce soltanto come un reperto esterno quando ci consegna un principio di poetica che parla della strutturazione dell’ emozione. L’ espressione dei sentimenti – dice Federico – ha un senso se essa viene formalmente strutturata. Altrimenti non v’ è comunicazione ma solo raggiro.

Nel videofilm il silenzio del musicista è infranto dal suono al pianoforte di singole note staccate intensamente con un solo dito e irrelate in una estrema tensione. Così intendeva la sua “Complainte per Sostakovic”. A parlare invece sono la madre e Carapezza. Il secondo movimento del film è un fitto microintreccio della «storia personale» e musicale di Federico. La madre Raffaella, anziana e bella signora, non piegata dai lutti, parla con semplicità e con l’ intelligenza soprattutto del cuore: «Debbo dire che la musica, la sua scrittura musicale è la sua vita». Racconta della passione musicale di Federico sin da bambino, ci dice dei suoi studi irregolari, e sorride, frenando le lacrime, quando ricorda l’ altro figlio Marco: pittore, morto anche lui giovanissimo. Mostra un foglio di musica dove da un lato c’ è una composizione di Federico e all’ altro un ritratto di un giovane che Marco realizza con violenza con i colori accesi della tavolozza espressionista. Federico e Marco due facce dello stesso foglio: una metafora oggi di una dolorosa assenza. Carapezza, che, insieme a Titone, di Federico è stato l’ angelo protettore, parla della la sua musica. La riconduce all’ espressionismo viennese Mahler-Schoenberg – Webern e ne definisce, oltre a quella triade, una sua peculiare qualità astratta. Ma Carapezza ci dice ancora della generosità di Federico: «La sua casa ha ospitato un fiume di umanità con calore». Segue il «terzo movimento», il più struggente. Perché qui Nosrat sembra davvero far propria l’ idea incardoniana della necessità che l’ emozione sia formalmente strutturata. Il regista palese e la sua ombra assediano Federico intento a scrivere con movimenti morbidi della camera, indugiando su oggetti, immagini di Federico, della sua casa. Segni, reperti, commenti per radicare nello spazio di una città così amata da non volerla abbandonare, un’ attività, quella dello scrivere musica, che sembra invocare uno statuto solipsista. Il «terzo movimento» si chiude su una immagine di Incardona, maturo, bellissimo come Cary Grant, guardato dall’ occhio della camera di Nosrat. Poi sul nero, mentre scorrono i titoli di coda si sente la voce di Carapezza che legge una lettera di Incardona del 1994.

Una lettera dolorosa come la sua musica in cui si dice delle poche certezze sulle quali oggi può contare l’ uomo; del suo presente come metafora dell’ universale legge del dolore insanabile, e dell’ aspirazione di noi cani da fiuto a rivolgere in alto il muso lacrimoso nelle notti stellate chiedendoci il senso delle cose. La musica per Federico Incardona, scomparso l’ anno scorso all’ età di 48 anni, doveva intonare quel dolore non risanato. Il resto è chiacchiera, raggiro.

Repubblica

 

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Note dell’autore

È dall’altra parte della vita

(L.F.Céline)

1- Il medium:come nei precedenti lavori anche in questo videofilm il medium – immagine – legge, o meglio, si confronta con lo specifico dell’altro: in questo caso il suono. L’idea di base  è documentare l’atto del comporre e la solitudine che accompagna l’atto compositivo e la scrittura musicale. Più di qualsiasi altra disciplina la creazione musicale sembra nascere dal nulla come se il compositore fosse in “un ascolto perenne di se stesso”, un ascolto interiore e chiuso pari soltanto  ad un lirico misticismo.  Proprio per questo il processo genetico del suono nella sua durata  impone una incomunicabilità e una sua progressione tettonica  di difficile penetrazione e distante dalle prassi artistiche impregnate da una cospicua cultura materiale e da una esternazione pressochè immediata.

Infatti nel videofilm abolito il dialogo, il musicista Incardona si prepara materialmente  a comporre l’ultima opera: Complainte (1).  Si tratta di un omaggio a  D. Sostakovich  lasciato nello stato di abbozzo  ed avanzamento così come viene seguito e documentato nel mio videofilm.

Dunque vi è  – per contrappunto – una contemporaneità di due ritmi autonomi e paralleli: uno del movimento avvolgente e claustrofobico dell’immagine realizzata nel chiuso della casa del musicista e condotto su presupposti di una regia palese una intrepretazione del suono, l’altro, concernente il ritmo interiore ed occulto del comporre musica del musicista, quale realmente ed autenticamente è in atto nel percorso filmico.

Quindi le due soggettività: quella del regista e l’altra del musicista,  formano all’istante ed in una simbiosi il testo filmico e quindi,  un visivo tutto sonoro, musicale. E  le cinque opere (2) di Incardona utilizzate per la colonna sonora determinano il ritmo e la modalità della ripresa videomatica facendo diventare l’utilizzo della musica stessa, senza alcuna valenza aggiuntiva e posticcia all’immagine, un mero atto consustanziale.

2– Incontro mancato: per il mese di febbraio 2006, subito dopo il mio ritorno dall’Iran, avevo concordato con il musicista una ripresa complementare da aggiungere  alle precedenti  già compiute ed esaustive. Tutte le riprese furono realizzate a casa sua nel mese d’ ottobre dell’anno 2005.  Invece per quest’ultimo incontro non realizzato l’idea registica era quella di una passeggiata attraverso alcune strade palermitane dalla depauperata identità. E l’ascolto de Il Titano di Mahler, per tutta la durata della ripresa, sarebbe avvenuto  in cuffia.

Per contro in mezzo a queste due date ci fu per me una sperimentale parentesi preparatoria in una sperduta periferia di Teheran e con  la più riuscita opera di Incardona, Mehr Licht; ascoltata in chiarocon un’ apparecchio portatile onde captare suggestioni visive e, forse,  provare traslazioni di senso e di identità creative nelle atmosfere non familiari al brano musicale in questione.  Echi lontani di questa “prova” si vedono e si sentono, forse,  nella sequenza iniziale del videofilm  nella quale Mehr Licht viene utilizzato interamente e per la durata di 9 minuti.

In questa sequenza l’immagine interagisce con la musica, mirando a un’ autonomia da  preludio musicale e nello stesso presenta la sostanza di tutto ciò che si svilupperà nel resto del videofilm.

Dall’Iran, inoltre, avevo portato per il musicista palermitano alcuni esempi della  musica tradizionale  persiana (3). Per ognuno di questi esempi musicali  avevo lasciato, a mo’ di libera introduzione, un mio appunto con il quale cercavo di dare  notizie introduttive su varie modalità musicali persiane  di non facile comprensione in termini di pathos ed intelletto.

Questi dischi come la passeggiata musicale  mahleriana  non hanno visto la loro destinazione/realizzazione reale. La morte del musicista sigillò il limite e non mi  permise di varcare oltre il già denso preludio.

Nosrat Panahi Nejad

Note:

(1)Complainte a sua volta trova la matrice in un segmento di un opera di Luigi Nono dal titolo Risonanze erranti . Tale segmento funge da motivo di fondo per l’omaggio  a  Sostakovich. A tale proposito nelle riprese non utilizzate Incardona mi fornisce notizie più dettagliate su questa sua opera in fase di gestazione.

(2) Prima dell’inizio delle riprese, il musicista palermitano m’aveva dato un cd antologico di sue opere, contenente sei composizioni. Le musiche utilizzate nel film sono state scelte da quest’ antologia.

(3) Negli incontri preliminari alla realizzazione del videofilm, Incardona, con mio grande stupore, mi aveva fatto ascoltare registrazioni digitali di musica tradizionale persiana.

 

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SCHEDA

TITOLO: Federico Incardona. Ritratto postumo di un musicista

DI: Nosrat Panahi Nejad

CON: Federico  Incardona, Raffaela Incardona, Paolo Emilio Carapezza

MUSICA: F. Incardona, Mehr Licht; Per fretum febris; In nomine; Malor me bat.

FOTOGRAFIA AUDIO MONTAGGIO: Nosrat Panahi Nejad

DURATA: 44 minuti

FORMATO: AVI-DVD –DV

PRODUZIONE: Luisa Mazzei, Nosrat Panahi Nejad. Palermo 2007

 

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Autoritratto in forma di curriculum

Nasce a Palermo nel 1958 <13 Maggio>.

Rigorosamente autodidatta, individua la sua traiettoria linguistico-cognitiva nell’esplorazione serrata dell’opera mahleriana e della Seconda Scuola di Vienna. In Webern riconosce non tanto la “superstizione del numero” quanto, secondo la lettura di Maderna e di Nono, la fulgida sinergia di rigore ed emozione, il compimento etico del Romanticismo. Considera fondamentale la frequentazione dell’Istituto di Storia della Musica dell’Università di Palermo e la successiva amicizia con Paolo Emilio Carapezza, Angelo Faja, Francesco Pennisi, Aldo Clementi, Antonino Titone, Michele Canzoneri, Aurelio Pes.

Studia sia il patrimonio musicale del Rinascimento siciliano (Pietro Vinci, Antonio Il Verso) che le estreme manifestazioni del pensiero compositivo contemporaneo: Kagel, Donatoni, Evangelisti, etc. Sotto la guida di Paolo Emilio Carapezza ascolta per la prima volta Due voci di Sylvano Bussotti: l’opera, che gli rimarrà indelebilmente impressa, gli testimonia perentoriamente la possibilità di continuare a “pensare” in musica dopo Webern.

Scrive fra il 1975 e il 1977: Memoria per quartetto d’archi; Due Lieder su versi di Kavafis per voce e strumenti; Mit höchster Gewalt per ensemble strumentale, sua prima opera eseguita in pubblico. L’amicizia con Roberto Pagano, all’epoca direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, gli consente, tra l’altro, di “assorbire” il pensiero orchestrale “sul campo”, svelando così la sua peculiare inclinazione a considerare qualsivoglia organico trattato come parte di un esaustivo, utopico, “Organon” sinfonico.

Segue un periodo di silenzio e di stasi linguistica, dovuto al tentativo impossibile di conciliare l’estremo distruttivo pensiero di Kagel e la sublime afasia di Evangelisti con la rovente eredità dello “strutturalismo” etico-emotivo di Mahler e Webern, esemplificato in sintesi, nel presente, dalle opere di Bussotti. L’incontro con questo prima, e con Heinz-Klaus Metzger dopo, sarà decisivo per il superamento della crisi.

Tra il 1980 e il 1981 scrive Avec un morne embrassement per piccola orchestra, eseguito alla Biennale di Venezia e pubblicato dall’editore G. Ricordi & C. Da quel momento affronta metodicamente l’esplorazione del pensiero dodecafonico, che partendo dallo studio dei Fünf Klavierstücke op. 23 di Schönberg (“Composizione con le <12> note”) approda alla serie weberniana dell’incompiuta op. 32, sintesi retro-progressiva dello spazio sonoro della musica d’Occidente ed occulto punto di avvio per la sua formulazione di un panserialismo “dinamico”. Capitale, al riguardo, la conoscenza di Camillo Togni e lo studio delle sue opere.

Ritrova, nella raccolta Favara-Tiby dei canti popolari siciliani, l’etica mahleriana del dolore non sublimato ma cosale: la percezione “in corpore” di questa condizione mentale in quello che resta della cultura popolare, e la riconsiderazione della polifonia rinascimentale siciliana che se ne nutriva, gli fa pensare in concreto la possibilità di un linguaggio “novissimo” che, procedendo da Mahler e Webern, affondi le sue radici nella profondità fisica dell’etnia. Palermo e i suoi quartieri, la “voce perduta” dei suoi adolescenti, diventano così “centro experimentale del Mondo”, laboratorio privilegiato di una tentazione alla sintesi degli estremi, nella ricerca di un procedere compositivo ed umano che sia realmente, parafrasando Kolisch decifrato da Metzger, “tradizione perpetua come e in quanto rivoluzione permanente”.

Importanti gli incontri e l’amicizia con Augusto Vismara, che gli farà conoscere la vita e l’opera di Giuseppe Ganduscio, sconosciuto teoreta e cantore delle remote melodie siciliane; con Roberto Fabbriciani e Ciro Scarponi, che gli sveleranno in dettaglio il pensiero compositivo dell’estrema stagione di Luigi Nono. La conoscenza di questo e l’iniziazione al pensiero di Cage, psicagoghi Ulrike Brandt e Alfonso Fratteggiani Bianchi, aggiungeranno alla certezza un dubbio metodico finalmente fecondo.

Federico Incardona

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Elenco delle opere riconosciute dall’autore

 

Memoria per quartetto d’archi, inedito,1976.

Due Lieder su versi di Kavafis, per voce e strumenti, 1976.

Mit höchster Gewalt per ensemble strumentale, 1977.

 

Avec un morne embrassement per piccola orchestra, 1981.

I sentieri notturni dell’uomo per voce e strumenti, 1982.

Ritratto di giovine per dodici strumenti <prima versione>, 1982.

Soave sia il vento per sei strumenti, 1982.

Due testi di Saba per voce e pianoforte, 1982.

Cercle mystérieux des Adolescents per orchestra da camera, 1983.

Bocca per flauti e pianoforte, 1984.

 

Ognuno accanto alla sua notte per grande orchestra, 1985.

Tranquilla sia l’onda per sei strumenti, 1985.

Des Freundes Umnachtung – Dialoghi sinfonici per grande orchestra, 1985.

 

Canone a tre su testo di Kavafis, 1986.

Sed nec lingua loqui, sinfonia per sette strumenti, 1986.

Mehr Licht!, <prima> versione per violino e pianoforte, 1986.

Sulla lontananza dell’amico dilettissimo per flauti, violino e pianoforte, 1986 (rev. 2000).

Due volti – notturno per viola e clarinetto, 1987.

Oblioso, Insensibile parvenza d’Angelo ancora per ensemble <strumentale>, 1987.

 

Douce – secondo notturno per viola e violoncello, 1988.

Postludio alle notti per grande orchestra e voce, 1988.

Mehr Licht! 2 per voce ed ensemble <strumentale>, 1989.

Cello Einsatz per violoncello solo, 1989.

Douce II (notturno) paesaggio dal fondo per flauto contrabbasso in Sol, 1990.

Obelisque – Deposizione per Ciaikowski, musiche originali per ensemble <strumentale> per una video-installazione del regista Salvo Cuccia, 1993.

Evidenza di Dioniso, progetto di danze a percussione globale per tamburi daarbuka, vetri soffiati, etc. in collaborazione con il regista Salvo Cuccia, 1993.

 

Malor me bat: graffito da Ockeghem in memoria di Luigi Nono per trio d’archi con <vetri soffiati e> percussione, 1997.

Mit brechende Stimme per vocalist ed ensemble <strumentale>, work in progress, 1997 …*

La stanza per violino solo, 1998.

 

Fortuna di mare per trio d’archi (variazioni su un canto antifonale, dal Corpus di musiche popolari siciliane di Favara e Tiby), 1999.

Secretum douce per violino solo, 1999.

Tre frammenti per violino solo (dalla raccolta di Favara e Tiby), 1999.

Da Varianti del Silenzio: “Dormi Vola Riposa” per viola sola, 1999.

Memento per violino e voce recitante su testo di Marco Bevilotti, 1999.

Ritratto di giovine per dodici strumenti, versione definitiva, 1982-2000.

Per fretum febris per flauto contrabbasso obbligato, coro di voci bianche e orchestra, 2000.

“Giaci nel grande ascolto”, alla memoria di Paul Celan per grande organo romantico, 2000.

Il far della luna per cinque strumenti, 2001.

Obliquo di Luna per soprano e cinque strumenti, 2001.

Nell’ardente corsa della sua giovinezza, cinque movimenti per violoncello solo, 2001-2002*.

Nacre-Douce-Boy’s-Box: sette “lessons” per piano<forte>, 2002-2004*.

In Nomine (da Ricercari a due voci di Pietro Vinci e di Antonio Il Verso) per cinque archi, 2002.

La Veuve Poignet per ensemble <strumentale>, 2002.

Magnificat (da Monteverdi-Rimbaud) per soli, coro di voci bianche ed orchestra da camera, 2002*.

Corpus de absoluto silencio – offertorium per voce femminile e strumenti, 2002*.

Aubade après le rien per violino e sax soprano, 2003.

Ho chiesto alla polvere per grande orchestra, 2003.

Il resto alle ombre per viola concertante ed ensemble <strumentale>, 2004.

Fragmina dicata per violino, violoncello ed interventi di voce e percussione, 2005.

Iskra II, per violino e flauto, 2005.

Mehr Licht! III per viola, pianoforte, voce e strumenti, 2005*.

* = opere in cantiere

Incarichi

Ideazione e direzione artistica, presso l’Ente Autonomo Teatro Massimo di Palermo, del Festival Musica Incontro: quattro momenti musicali in Sicilia, Palermo – Trapani – Gibellina,1988.

Direzione artistica  del Primo colloquio internazionale per la nuova musica, Gibellina, 1989.

Docente di analisi musicale nella Scuola superiore di studi musicali “Ars nova”, Palerùmo, 1990-1991.

Direzione artistica del Secondo colloquio internazionale per la nuova musica, Palermo, Ars nova, 1993.

Docente per il corso “Strategia dell’ascolto”, Palermo, Opera universitaria, 1993-1994.

Professore a contratto di Pratica e teoria della composizione nell’Istituto di Storia della Musica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo (in collaborazione con l’Orchestra Sinfonica Siciliana), 1996-1997.

Professore a contratto di Forme della comunicazione musicale nel Dipartimento di Urbanistica della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, 2001-2002.

Professore a contratto di Elementi di armonia e contrappunto per il corso di laurea DAMS della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo, 2000-2004.

Direzione artistica per il progetto dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo <non realizzato per inadempienza del committente, di una nuova serie di> Settimane internazionali di nuova musica, 2003-2004.

Docente del Laboratorio-seminario di composizione sperimentale per il corso di laurea DiM, Discipline della Musica, della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo, 2003-2004.

Ideazione e direzione artistica del ciclo di conferenze e concerti Vidimus stellam, per conto dell’Assessorato alla Cultura della Provincia Regionale di Palermo, 2003-2004.

Professore a contratto di Armonia e Contrappunto per il corso di laurea specialisico in Musicologia nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo, 2004-2005>.

< Docente del Laboratorio di musica contemporanea per il corso di laurea DiM, Discipline della Musica, della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo, 2004-2005>.

<Gli ultimi due incarichi gli erano stato conferiti anche per il 2005-2006; ma non poté svolgerli per la malattia e la morte prematura>.

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N.B. Quattro fogli, scritti solo su una facciata, contenenti quest’autoritratto, con gli elenchi delle opere e degli incarichi, mi furono dati da Federico Incardona nel 2005. Erano stati redatti nel 2004; soltanto l’elenco delle opere era poi stato aggiornato – con diverso carattere tipografico – fino al 2005. Ma non se ne trova traccia – mi assicurano Marco Crescimanno e Marco Spagnolo – nel computer di casa sua, al penultima piano di via Porta di Castro 201, Palermo. Tra < > le mie integrazioni.

Paolo Emilio Carapezza Palermo, 7 Aprile 2007